3×08 La puntata leggera | “Lolita” di V. Nabokov

Fika, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Fi-Ka: la punta della lingua compie un percorso di …. due passi sul palato per battere, al secondo, contro l’ugola. Fi-ka.

Vladimir Nabokov è nato nel 1899 a San Pietroburgo ed è stato uno scrittore, saggista, critico letterario, entomologo, drammaturgo e poeta, nonché giocatore e teorico degli scacchi. No ma ogni tanto fallo qualcosa, cioè non stare sempre lì a far niente. 

La sua famiglia è di origine nobiliare e vicina agli zar e il padre è un politico di spicco, per cui  a seguito della rivoluzione del ‘17 la famiglia deve fuggire in Crimea e da lì in Inghilterra, dove il giovane Vladimir studia Slavo e Lingue romanze a Cambridge. C’è da dire che per lui le lingue non sono mai state un grosso ostacolo, visto che sin dall’infanzia in famiglia è stato abituato a parlare fluentemente russo, inglese e francese. 

Vive in diversi Paesi europei, dove diventa sempre più popolare tra i russi emigrati, e pubblica le prime opere nella sua lingua madre con lo pseudonimo di Vladimir Sirin. A Berlino, dove tragicamente il padre viene assassinato da due oppositori politici, comincia a collaborare con la casa editrice fondata da un emigrato russo, traducendo Dostoevskij in inglese e avvicinandosi alla figlia del suo datore di lavoro, la traduttrice Vera Slonim, che diventerà sua moglie.

Con l’ascesa di Hitler, Nabokov e famiglia sono costretti a lasciare la Germania: Vera infatti è di origine ebraica, e il fratello di Vladimir, Sergej, è un aperto oppositore di Hitler, oltre che dichiaratamente omosessuale, e verrà perseguitato politicamente e poi arrestato e internato in un campo di concentramento, dove morirà nel ‘45. Vladimir e Vera, con il figlio Dmitri, cominciano una nuova vita negli USA: da questo momento Vladimir comincia la sua produzione letteraria in lingua inglese, e lui stesso traduce molte delle sue opere già pubblicate in russo. Fa carriera anche all’università, diventando professore di Letteratura russa alla Cornell University, prima di trasferirsi, negli ultimi anni della sua vita, in Svizzera, dove morirà nel 1977.

La sua produzione letteraria sia in russo che in inglese è molto estesa, ma ogni sua opera impallidisce di fronte alla popolarità di Lolita.

In forma di confessione (il narratore si rivolge spesso ai “signori della corte”), Humbert Humbert, vedovo di mezza età, lascia la sua testimonianza relativa al suo rapporto con Dolores Haze, la Lolita del titolo, e di quella che, agli occhi di lui, è stata una storia d’amore. Scopriamo fin dal primo capitolo che Humbert è un pedofilo, e che da sempre si sente attratto in particolare da una determinata “tipologia” diciamo di bambine, che lui definisce “ninfette”, e che identifica come bambine o preadolescenti snelle e graziose, caratterizzate, sempre ai suoi occhi, da una sorta di “ingenua” sensualità. Quando la incontriamo per la prima volta nella narrazione, Dolores, che solo Humbert chiama Lolita, ha 12 anni e incarna agli occhi dell’uomo tutte le caratteristiche della ninfetta. Scatta quindi nei confronti della bambina un’attrazione fatale che distruggerà la vita di entrambi. 

Vladimir avrebbe voluto dare alle fiamme il suo manoscritto, ed è solo grazie a Vera che la prima stesura di Lolita si salva e viene inviata ad alcune case editrici. Dopo vari rifiuti, il romanzo vede la luce nel ‘55 grazie all’Olympia Press, casa editrice di letteratura erotica con sede a Parigi, ma il romanzo viene accusato di pornografia e subito ritirato dal mercato. Ripubblicato nel ‘58 negli Stati Uniti, il libro diventa immediatamente un bestseller, nonostante lo scandalo generato dalle tematiche e diverse recensioni di critici importanti non propriamente entusiaste. 

Secondo molti l’aspetto più problematico di questo romanzo è il fatto che la narrazione spinge il lettore a provare simpatia per Humbert, a farci empatizzare con lui, esprimendo solo il suo punto di vista. Ancora oggi, per alcuni, il libro rappresenta una glorificazione e “glamorizzazione” della pedofilia da parte di un narcisista, e sono diversi a credere che Nabokov, sebbene la sua condotta in vita sia stata impeccabile da quel che sappiamo, provasse segretamente gli stessi impulsi attribuiti al suo personaggio. 

Chi ha letto Lolita con spirito critico però, si sarà certamente reso conto di quanto sia facile vedere oltre la meravigliosa prosa di Nabokov e scoprire quanto Humbert sia disgustoso, viscido e bugiardo, e quanto sia tragica la sorte di Dolores, una bambina privata della sua infanzia dal suo stupratore.


La vera Lolita

di Camilla Magnani

Lolita, uno dei libri più controversi del secolo scorso, è ispirato ad una storia vera. E ciò che più sconvolge è che non siano in molti a saperlo. Quando l’arte imita la vita è quasi sempre l’arte ad essere più scandalosa a quanto pare. Soprattutto l’arte di Nabokov che ci obbliga a guardare qualcosa di aberrante e ci obbliga ad empatizzare con il protagonista. È come un tragico incidente per cui vorremmo disperarci e di cui a poco a poco diventiamo testimoni.

Eppure, come dicevo, non sono in molti a conoscere la vera storia dietro Lolita. Una storia che, non solo Nabokov conosceva, ma addirittura Humbert, la voce narrante e protagonista di Lolita, ammette di essere al corrente.

Ma andiamo con ordine. È il 1948, e a Camden, New Jersey, una ragazzina di quasi undici anni di nome Sally Horner entra in un supermercato. Sally era figlia di Ella Horner, madre e vedova che dopo il suicidio del padre di Sally, faceva fatica ad arrivare alla fine del mese. La bambina era di carattere particolarmente introverso e aveva pochi amici ma quando un gruppetto di ragazze popolari si dice disposto ad accettarla tra i suoi ranghi, tutto quello che Horner deve fare è compiere un piccolo rito di iniziazione: rubare qualcosa dal supermercato. Ed è così, per gioco, che inizia la sua sfortunata storia.

Quel giorno, in quel supermercato, quando Sally prova a rubare un quaderno da cinque centesimi, un uomo la ferma e, dopo averle confidato di essere un agente dell’FBI, le dice che non la avrebbe spedita in riformatorio solo se lei avesse seguito le sue istruzioni e fosse andata ciclicamente da lui a fargli rapporto. Lei, spaventata, gli crede.

Quell’uomo in realtà era Frank La Salle ed era appena uscito di prigione per aver stuprato cinque ragazze di età compresa tra gli undici e i quattordici anni.

Per mesi dopo quell’episodio, in realtà, non ci sono contatti tra i due, fino a quando nel giugno dello stesso anno, La Salle la trova mentre sta tornando a casa da scuola e la convince ad accompagnarlo ad Atlantic City, obbligandola a raccontare alla madre una bugia. “Vado in vacanza con un’amica” aveva detto Sally alla madre Ella. E la madre le ha creduto all’inizio “Mia figlia voleva andare in vacanza e io non me lo sarei mai potuto permettere e quindi l’ho lasciata andare”. Ma non ci vuole molto perché il dubbio che qualcosa di terribile stesse capitando alla sua bambina. La Salle, proprio come Humbert, però, era furbo. Continuava a spostarsi in tantissimi stati diversi convincendo tutti che lui fosse il padre naturale. Proprio come Humbert in Lolita, per non destare sospetti, La Salle iscriveva la giovane Horner in scuole diverse in tutti i luoghi in cui si trasferivano mentre in segreto approfittava di lei. E l’incubo di Sally così è durato 21 mesi, praticamente due anni. E come giunge al termine? Quando finalmente una vicina di casa di Horner e La Salle in California inizia ad avere dei sospetti sulla strana relazione dei due, Sally viene invitata a casa della vicina che finalmente riesce ad estorcerle la verità. La ragazzina riesce quindi a fare una telefonata a casa dove la madre chiama immediatamente l’FBI che arresta La Salle il giorno stesso mettendolo in prigione a vita.

E anche se vogliamo tutti pregare per un lieto fine, la storia di Sally Horner, anche dopo questo incubo, non è sicuramente felice. Nonostante l’orrore del suo rapimento e degli abusi, quando torna a casa nel New Jersey, Sally viene etichettata come “troia” dalle sue coetanee per aver perso la verginità, come se fosse tutta colpa sua.

Due anni dopo il suo ritorno a casa, all’età di soli quindici anni, infine, Sally muore in un incidente d’auto.

Ed è proprio quando muore Sally Horner che Nabokov sta scrivendo la prima bozza di Lolita e verso la fine del romanzo, nel capitolo 33, Humbert Humbert si spinge addirittura a dire “Avevo fatto a Dolly, forse, quello che Frank LaSalle, un meccanico cinquantenne, aveva fatto all’undicenne Sally Horner nel 1948?”.

Sicuramente Nabokov non ha usato unicamente la triste storia di Sally Horner come spunto per il suo libro, anche se, oltre a quella citazione, l’autore non lo ha mai detto apertamente. Tracce di interesse per una trama di questo libro possono essere trovate anche nella sua produzione precedente. Delle 19 pubblicazioni di  Nabokov non meno di sei riguardano, alcune più alcune meno, la sessualità di ragazze nella pre-adolescenza. Questa ossessione per la pedofilia, ci racconta un articolo del New Yorker di Katy Waldman, potrebbe provenire dalle attenzioni decisamente inappropriate che lo zio di Nabokov, Ruka, dedicava all’autore quando egli era solo un bambino.

Qualche anno fa, a fare luce su questa faccenda, è stato pubblicato The Real Lolita scritto da Sarah Weinman. In un’intervista l’autrice dice una cosa che mi ha letteralmente spezzato il cuore. Gli amici e la famiglia sopravvissuta a Sally Horner hanno raccontato all’autrice quanto Sally amasse leggere. E quindi una domanda sorge spontanea: se la ragazza fosse sopravvissuta, come si sarebbe sentita a leggere Lolita? Cosa avrebbe pensato dell’enorme successo editoriale in parte a spese della sua storia? Ma soprattutto, come mai dopo anni la finzione è finita per togliere voce alla vittima?

Tutte queste sono domande a cui è impossibile dare una risposta. Ci piace immergerci nella fiction per poi scandalizzarci pensando che quella suggerita da Nabokov sia una storia d’amore, ma la verità è molto più difficile da assimilare. Così tanto che poi alla fine scompare. Perché pensare che una storia di rapimento e stupro su minore sia capitata, e sappiamo che capitano, è una verità che non riusciamo a masticare tanto bene quanto quelle della stessa storia tramutata in finzione. Ci indigniamo per la prima e cerchiamo di dimenticare la seconda.

Perché quando ci liberiamo della trama e dei misteri, ciò che rimane è una vita distrutta. E ora per favore, quando leggerete o sentirete parlare di Lolita, dedicate un pensiero anche a Sally Horner, datele una voce, fate sì che non venga dimenticata.

The forgotten real-life story behind Lolita | CBC Radio.

The Salacious Non-Mystery of “The Real Lolita” | The New Yorker

Cosa accadde a Sally Horner, la vera Lolita, abusata sessualmente e morta a 15 anni

The True Story of the Real Lolita – Electric Literature


Lolita: il mito, la fantasia

di Federica Caslotti

Come dicevamo, chi ha letto Lolita sa che Humbert è un narratore inaffidabile, che la sua visione della realtà è distorta, e che Dolores non è una piccola tentatrice ma una bambina che si mette le dita nel naso e si lava malvolentieri. Eppure, nell’immaginario comune, quando pensiamo a Lolita, la prima cosa che ci viene in mente sono immagini di ragazze molto giovani, ammiccanti e seducenti, in costume da bagno e occhiali da sole o con vestitini leggeri e infantili ma che comunque, o, forse, proprio per questo, solleticano la fantasia.

Come è stata possibile questa metamorfosi?

Alcuni identificano con la prima trasposizione cinematografica l’inizio della fine. Da questo romanzo sono stati tratti due film di grande successo, il primo, più famoso, è quello diretto da Kubrick nel ‘62, con la sceneggiatura dello stesso Nabokov, mentre il secondo è un remake del 1998, diretta da Adrian Lyne, già regista di Attrazione fatale e 9 settimane e ½, con Jeremy Irons nel ruolo di Humbert, che per la fotografia molto curata e per i completini effettivamente molto graziosi sfoggiati da Lolita ha reso molto popolare la pellicola e il personaggio anche tra il pubblico femminile.

In entrambe le pellicole, Dolores è stata tra virgolette “invecchiata” sia nella trama (14 invece di 12 anni) che nella realtà, poiché le attrici che la interpretano avevano all’epoca delle riprese 14 anni nel caso di Sue Lyon (nel film del ‘62) e 16 nel caso di  Dominique Swain (nel film del ‘97). 

Una scelta obbligata, non solo per non scandalizzare eccessivamente pubblico e critica ma anche per proteggere le attrici stesse e non mettere delle bambine in situazioni potenzialmente traumatizzanti. Allo stesso tempo però è stato probabilmente uno dei motivi per cui il modo in cui molte persone vedono Lolita oggi è molto “romanticizzato” e distorto: è molto più facile “accettare” quello che succede e il punto di vista di Humbert quando oggetto di queste attenzioni sono delle belle ragazze chiaramente molto giovani ma che potrebbero anche sembrare un po’ più grandi di quello che sono realmente, e non una bambina prepubescente di 12 anni. 

Mentre la scrittura è un medium soggettivo, aperto alle interpretazioni, il cinema è oggettivo, quindi quella che vediamo non una storia distorta da un narratore inaffidabile, ma la storia come l’ha vissuta Humbert, quindi (aiutatemi a fare le virgolette con le dita) una “storia d’amore”.

C’è anche da dire però che sì, mettere sulla scena Lolita è un incubo anche per il regista più ben intenzionato proprio per il problema appena esposto, ma se nel libro Dolores è una bambina maleodorante e volgare, in entrambi i film è una ragazzina seducente nelle movenze e nel modo di fare, molto curata nell’aspetto, insomma una piccola bomba sexy pericolosissima per il povero protagonista. Nel libro, Humbert è attratto da Dolores perché è una bambina, nonostante sia sciatta e volgare; nei due film citati invece sembra che sia attratto da lei perché è bella e seducente e nonostante sia una bambina. 

La cultura pop è piena di riferimenti a Lolita. Gli occhiali a forma di cuore scelti da Kubrick sono diventati simbolo di una seduzione giocosa e ammiccante, mentre il film del ‘97, così esteticamente piacevole, ha conosciuto una grande popolarità su Tumblr negli anni 2010 grazie ai suoi colori pastello e ai completini abbinati sfoggiati da Dominique Swain. Nello stesso periodo conosce una grande popolarità la cantante Lana del Rey, che evoca Lolita sia attraverso un’estetica fatta appunto di vestitini estivi e occhiali a forma di cuore, che attraverso i testi di diverse canzoni, che parlano di tristezza, scoperta della sessualità e relazioni tossiche con uomini maturi. Oggi su TikTok hashtag come #lolita e #nymphet stanno riscoprendo una nuova popolarità, con ragazze che si vestono come Lolita e canzoni pop romantiche usate per fare da sfondo a scene del film.

Troppo facile però incolpare le ragazzine, che dal vivere una storia come quella di Lolita possono guadagnare solo traumi e sofferenza. Siamo immersi in una società che ovviamente (ci mancherebbe altro) condanna qualsiasi condotta sessuale nei confronti dei bambini, ma allo stesso tempo non perde occasione di sessualizzare le ragazzine e contemporaneamente infantilizzare le donne. Prendiamo ad esempio i nostri standard di bellezza. In un uomo sono considerate attraenti quelle caratteristiche che denunciano la sua avvenuta maturità sessuale: una voce profonda, un fisico possente, barba e peli sul corpo. Una donna invece viene considerata più attraente se è minuta, magra e liscia. Guai ad avere la cellulite, che è un carattere sessuale che tutte le donne dopo la pubertà hanno, chi più chi meno. Guai ad avere i peli, che cominciano a crescere dopo la pubertà. Guai ad avere qualsiasi caratteristica che denunci che non sei più una preadolescente ma una donna. Ci dicono fin da quando siamo piccole che le femmine maturano più in fretta, un’idea che il più delle volte viene usata per giustificare l’attrazione di ragazzi e uomini molto più grandi nei confronti di ragazzine minorenni. Ci dicono che agli uomini non piacciono le donne troppo decise, o che hanno sempre qualcosa da dire: certo, una timida adolescente che non ha esperienza del mondo e accetta come normale tutto quello che dice o fa il suo compagno adulto è molto più facile da manipolare di una donna con un minimo di esperienza. 

La scolaretta sexy è da sempre un personaggio che popola l’immaginario erotico, da Britney Spears ai manga giapponesi. Negli ultimi anni è diventato più che normale vedere film e serie TV in cui attori e attrici maggiorenni interpretano dei personaggi adolescenti in modo da poter rappresentare scene anche esplicite di sesso e nudo senza problemi. Scene di sesso che anche se in pratica hanno per protagonisti dei venti-e-qualcosa-enni, nella finzione narrativa che abbiamo accettato quando abbiamo cominciato a seguire lo show ritraggono dei minorenni.

La popolarità di show come Euphoria, Skins e molti altri ha normalizzato l’idea che ragazzini e ragazzine minorenni abbiano una sessualità esuberante, iperattiva ed eclettica. TikTok e il web pullulano di racconti romanticizzati e onestamente troppo belli per essere veri di ragazze anche molto giovani che dicono di aver cambiato la loro vita diventando sugar baby e/o sex worker a vario livello, il ché non fa che mettere in pericolo quelle ragazzine che cercano validazione ed empowerment attraverso una a volte fin troppo precoce espressione della propria sensualità. 

Nemmeno la ricchezza e la celebrità sono in grado di proteggere le bambine da queste attenzioni morbose. Natalie Portman ha raccontato di essere diventata molto fredda e distaccata nei confronti dei suoi fan dopo aver ricevuto, ancora minorenne, una lettera in cui un uomo adulto descriveva come avrebbe voluto stuprarla una volta che fosse stata “legale”; su internet abbiamo assistito ai count down per il raggiungimento della maggiore età di attrici bambine come Millie Bobby Brown; e Billie Eilish ha passato la prima metà della sua carriera in abiti larghi e informi per evitare di ricevere commenti sul proprio fisico, per riceverne comunque anche di molto pesanti non appena è stata paparazzata in canottiera e shorts. 

Il mondo è pieno di Humbert Humbert a cui fa molto comodo che le bambine considerino una forma di empowerment mettere i loro corpi a loro disposizione. E’ necessario essere prudenti, e restare vigili non solo per noi stesse, ma soprattutto per le nostre sorelline più piccole. 

Cosa direbbe Nabokov se fosse ancora vivo? Condannerebbe questa romanticizzazione? Purtroppo a nessuno è mai importato molto di quello che aveva da dire Vladimir. A un giornalista che esprimeva la sua simpatia per Humbert, che trovava un personaggio toccante, lo scrittore rispose seccamente così: 

Humbert Humbert è un miserabile vanesio e crudele, che riesce solo a sembrare toccante. Quell’aggettivo, nel suo vero, lacrimoso significato, può essere applicato solo alla mia povera bambina.

E nonostante ciò, siamo ancora qui, a discutere del fatto che Humbert Humbert, in fondo, è stato tentato, e che Dolores, anzi, Lolita, in fondo se l’è andata a cercare. 


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