3×09 Una Vita straordinaria | “Orlando” di V. Woolf

“Ma senti, supponi che Orlando si riveli essere Vita e che sia tutto su di te e la lussuria della tua carne e la seduzione della tua mente – supponi che ci sia quel luccichio della realtà che talvolta emana dai miei personaggi, come la lucentezza dell’ostrica – ti secca? Di’ sì o no”

“Mio Dio, Virginia, non mi sono mai sentita così elettrizzata e atterrita come davanti alla prospettiva di essere proiettata nelle sembianze di Orlando. Che divertimento per te, e per me anche. Ebbene, qualunque vendetta tu vorrai mai esercitare, ce l’avrai tra le mani. Sì, va’ avanti, rigira la frittella, che sia ben dorata su entrambi i lati, mettici il brandy, e servila calda. Hai la mia completa approvazione.”

In occasione del mese del Pride abbiamo scelto un romanzo non esplicitamente LGBT+, ma comunque molto significativo dal punto di vista di un’analisi queer diciamo. Questo libro è Orlando, dell’autrice britannica Virginia Woolf.

Nata a Londra nel 1882, è stata tra gli scrittori più influenti del secolo scorso, attiva anche dal punto di vista politico, nella lotta per l’emancipazione femminile e per i diritti della classe operaia.
Nata Adeline Virginia Stephen, la sua è una famiglia benestante di intellettuali, ben inserita nell’ambiente letterario e in grado di vantare diverse parentele illustri. Entrambi i genitori sono vedovi alle seconde nozze, e hanno già altri figli dalle precedenti relazioni. Il padre sir Leslie Stephen, è un importante letterato e genero di William Makepeace Thackeray, autore del romanzo La fiera della vanità, mentre la madre, Julia Prinsep Jackson, in gioventù è stata modella di pittori illustri tra i quali Edward Burne-Jones.
A Virginia, come prescriveva la regola educativa vittoriana, non fu concesso di frequentare alcun istituto scolastico, tuttavia cresce in un ambiente intellettualmente stimolante, e dimostra fin dall’infanzia una predisposizione per la scrittura. Comincia molto giovane a tenere un diario, e le memorie delle estati trascorse a Saint Ives in Cornovaglia confluiranno in uno dei suoi romanzi di maggior successo, Gita al faro.

Tuttavia, questa relativa serenità familiare è destinata a svanire nel 1895, anno della morte della madre. La famiglia dovrà vendere l’amata casa in Cornovaglia, e il padre resterà molto segnato dalla perdita della compagna. Nel 1897, l’anno in cui Virginia viene ammessa al prestigioso King’s College di Londra, muore anche la sorella Stella, e il padre la seguirà nel 1904.

Per tutta la vita, Virginia soffrirà di frequenti esaurimenti nervosi, crisi maniaco-depressive e forti sbalzi d’umore. Rivelerà inoltre da grande di aver subito molestie da due dei suoi fratellastri, George e Gerald Duckworth. Le moderne tecniche diagnostiche hanno portato a una postuma diagnosi di disturbo bipolare unito, probabilmente, negli ultimi anni, a una psicosi.

Dopo la morte del padre, si trasferisce con la sorella nel quartiere di Bloomsbury, dove nasce il Bloomsbury Group, un circolo di artisti e intellettuali, di cui fecero parte personalità come lo scrittore Edward Morgan Forster e l’economista John Maynard Keynes. Le idee condivise dai membri del gruppo furono molto influenti non solo in ambito culturale ma anche sociale, formando la visione moderna del femminismo, del pacifismo e della sessualità. La poetessa Dorothy Parker descrive così la vita dei membri del Bloomsbury group: they lived in squares, painted in circles and loved in triangles.

E a proposito di triangoli, è proprio nel Bloomsbury group che Virginia conosce il marito Leonard Woolf, e diverse delle sue amanti, tra le quali Vita Sackville-West è stata probabilmente la più influente e sicuramente quella che oggi è più interessante per noi perché proprio a lei è dedicato Orlando.

La storia di Orlando si svolge nel corso di 300 anni, dal 1588 al 1928. Nel corso della sua lunghissima vita, Orlando, nato in una famiglia nobile vicina alla corona inglese, invecchierà solo di 36 anni, sarà cortigiano, poeta, innamorato respinto e poi ricambiato, assisterà a una glaciazione e, dopo un sonno ininterrotto di sette giorni, si risveglierà donna.

Un tema che pervade tutto il romanzo è il sottile confine tra immaginazione e realtà, che Woolf sfuma continuamente: sogno, immaginazione e fatti reali non possono essere distinti, poiché tutto è collegato nella nostra memoria, e la realtà è un fattore soggettivo. Ma il tema centrale sono le differenze di genere e la condizione femminile: Orlando si sveglia improvvisamente trasformata in donna, adotta quindi l’identità di Lady Orlando senza scomporsi finché vive lontano dall’Inghilterra, ma al momento del suo ritorno in patria, costretta per la prima volta in abiti femminili e oggetto di attenzioni a cui non era abituata, il suo pensiero va alla libertà perduta, alle nuove regole a cui deve sottostare a causa del suo nuovo status sociale. Quello che sembra suggerire Woolf è che i ruoli di genere non hanno origine biologica, ma sociale, e se la società lo permettesse gli individui, liberi dagli obblighi imposti dal loro genere, potrebbero esprimere appieno la loro natura e la loro personalità. Una volta sperimentato cosa significhi essere una donna, Orlando non vuole rinunciarvi, ma desidera la libertà che aveva come uomo. In questo caso, Woolf suggerisce che forse la società è troppo rigida per quanto riguarda i ruoli che costringe uomini e donne a svolgere. Poiché sotto i vestiti sono così simili, i generi dovrebbero avere più libertà nelle loro azioni. Orlando sa che deve adattarsi per sopravvivere: mentre attraversa i secoli e i cambiamenti a cui è soggetto il suo corpo, si adatta e si trasforma, ma questo conformismo diventa opprimente per Orlando, che alla fine preferisce vivere nel suo mondo interiore.

Virginia Woolf è stata femminista e attivista per il suffragio femminile, e riflette su queste tematiche non solo nella fiction ma anche nelle sue opere di saggistica: in Una stanza tutta per sé, del 1929, tratta il tema della discriminazione del ruolo della donna, tenuta volutamente ai margini del sistema culturale dalla società patriarcale. Il titolo fa proprio riferimento alla necessità, per poter creare arte, di avere uno spazio tutto per sé e strumenti per mantenersi, privilegi spesso negati alle donne. Nel saggio Le tre ghinee, pubblicato nel 1938 alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, denuncia lo stretto legame esistente fra sistema patriarcale, militarismo e regimi totalitari, tra il potere esercitato nella sfera pubblica e nella sfera privata.

Conduce una vita piena, impegnata, attiva, nonostante ciò è una donna inquieta, soggetta a crisi, episodi depressivi e tentativi di suicidio. Nel ‘41 l’ultimo di questi tentativi va sfortunatamente a buon fine: la grande scrittrice muore annegata in un fiume vicino a casa, dopo aver lasciato una toccante lettera al marito Leonard, che si conclude così:

Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere felici più di quanto lo siamo stati noi.


Fika Sackville-West

di Camilla Magnani

Orlando è decisamente un libro incredibile pieno di mirabolanti avventure a cui siamo portati a credere grazie alla fantastica scrittura della Woolf che è capace di incastrare tematiche assolutamente reali e importanti con elementi fantastici. Una sottile metafora per veicolare un messaggio.

Insomma, un libro pazzesco.

Bene, man mano che le avventure di Orlando diventavano sempre più assurde, anche per quelle parti di trama che potevano essere verosimili, io mi sono davvero detta “Ma chi ha una vita così?”.

Ebbene, ce l’ha avuta Vita Sackville-West. Amante di Virginia Woolf, ispirazione per questo libro e molto altro.

E Vita, che potrei anche ribattezzare Fika Sackville-West, ha avuto una vita veramente incredibile che meriterebbe un podcast a parte. Oggi, quindi vi racconto chi era.

La sua mirabolante storia parte dalle sue origini. Victoria, o meglio, Vita, per non essere confusa con la sua omonima e famosa madre, nasce nel 1892. La sua famiglia era tutto un programma. Il nonno di Vita era un barone che aveva sposato una ballerina spagnola di discendenza gitana di nome Pepita de Oliva e da questo bizzarro matrimonio nasce Victoria, appunto, la madre di Vita. Tra i sette figli illegittimi della coppia, Victoria è decisamente la preferita del padre, che la sceglie per accompagnarlo nei suoi viaggi diplomatici dove incanterà personaggi di mezzo mondo. Riceve proposte di matrimonio da presidenti degli Stati Uniti, Auguste Rodin (il pittore), lo scrittore Rudyard Kipling e addirittura da Henry Ford, sì, quello che ha fondato la Ford. Victoria tuttavia rifiuta tutte queste offerte e sceglie di sposare il cugino, altro barone di Sackville, proprio come il padre, e ironicamente con lo stesso esatto nome del padre: Lionel.

E qui arriviamo alla nostra protagonista, ancora una volta: Vita. Una ragazza che cresce in un castello del 400 con ben 52 rampe di scale. Praticamente Hogwarts.

Ciò che trovo molto interessante della biografia di Sackville-West è la sua consapevolezza di essere quasi un personaggio della sua stessa storia personale. Ha vissuto come voleva per quanto le regole dell’epoca lo permettessero ed è riuscita a spingere i suoi limiti sempre un po’ più in là quando voleva davvero fare qualcosa. Si conosceva, nel bene e nel male. Sin dall’inizio.

Nei diari di una Vita adolescente ritroviamo una profonda consapevolezza. Si riconosce come bisessuale e sin da giovane è assolutamente cosciente di quello che definisce “un dualismo” nella sua personalità. Si descriveva come “rozza e riservata” ma allo stesso tempo portava sempre un coltello tascabile con sé e veniva punita perché faceva a botte con i servitori.

Vita debutta in società a diciotto anni e, sotto l’influenza della madre, diventa una perfetta socialite. Non solo i suoi modi erano in grado di attrarre uomini e donne, ma anche la sua mente. Infatti, all’età di diciotto anni, Vita Sackville-West aveva già scritto otto romanzi e cinque opere teatrali e continuerà a scrivere per il resto della sua vita.

Nel 1913, Vita sposa Harold Nicholson, un punto di svolta nella sua vita. L’uomo, diplomatico e giornalista, diventò da subito uno dei confidenti e amici più stretti di Sackville-West. Per tutta la vita i due si sono voluti immensamente bene, ma la loro relazione era basata su un amore platonico. I due, infatti, si erano trovati proprio perché entrambi bisessuali e disponibili ad essere in una coppia aperta in cui entrambi avevano relazioni con partner, il più delle volte, dello stesso sesso. Entrambi, nonostante questo, continuavano a vivere insieme, confidare l’un l’altro l’andamento delle proprie storie d’amore e i propri tormenti e a sostenersi a vicenda.

Vita, infatti, a quell’epoca, aveva già due relazioni importanti oltre a quella con il marito e ne avrebbe avute molte altre in seguito. Il giorno del suo matrimonio presenziarono Violet Keppel, con cui Vita ebbe probabilmente la relazione più intensa della sua vita, e Rosamund Grosvenor che, straziata è dovuta stare in piedi dietro alla sposa come damigella per tutto il tempo. Povera crista.

La storia con quest’ultima, non era molto importante a detta di Sackville-West stessa, e termina con il matrimonio di Vita appunto. Ma quella con Violet Keppel dura anni, anche quando dopo il matrimonio, Vita e Harold si trasferiscono a Costantinopoli e poco tempo dopo tornano in Inghilterra per la nascita dei due figli, lei continua ad amarla.

Anche Violet aveva natali decisamente altolocati, anzi, probabilmente anche più altolocati di Vita, dato che è la prozia di Camilla Shand, o Camilla Parker Bowles che dir si voglia, la Duchessa di Cornovaglia, moglie dell’erede al trono, il Principe Carlo.

Le due si erano conosciute negli anni dell’adolescenza ed avevano in comune l’amore per la scrittura. Si sono amate per moltissimo tempo. Un amore che viene descritto da Vita in un libro di memorie chiamato Portrait of a Marriage dove probabilmente cercava di giustificare il suo amore per Violet agli occhi di una società non ancora pronta ad accettare lo stile di vita che conducevano. Portrait of a Marriage verrà scoperto in un baule dopo la morte dei protagonisti e pubblicato postumo nel 1973 dal figlio di Vita, Nigel Nicholson.

E ovviamente, come ogni gentildonna rispettabile, anche Violet Keppel si è dovuta sposare un uomo, con grande disappunto, ma diciamolo, anche un po’ di ipocrisia, da parte di Vita. Sono strazianti le lettere che Violet scriveva a Vita prima di sposarsi implorandola di scegliere lei e di non lasciarla sposare qualcuno che non amava. Violet sarà poi anche l’ispirazione, in Orlando, del personaggio della bella e impossibile principessa russa che abbandona il nostro protagonista per fuggire con qualcun altro.

Perché questo è il cardine del bizzarro triangolo Violet-Harold-Vita. Violet fu costretta a sposare un uomo che non amava, mentre il matrimonio dei Sackville-West, seppur platonico, poteva contare su due persone che si amavano molto. Cosa che, per ovvie ragioni, faceva infuriare Violet.

Un giorno, Vita prova il suo nuovo abbigliamento per il giardinaggio e lo mostra a Violet. I vestiti, per essere pratici assomigliavano molto più a ciò che un uomo avrebbe indossato. Per usare le sue parole:

Nell’insolita libertà dei pantaloni e delle ghette, mi sono trasformata in una selvaggia; correvo, urlavo, saltavo, mi arrampicavo, scavalcavo i cancelli, mi sono sentita come uno scolaretto in vacanza e Violet mi seguiva nei boschi e nei campi.

Vita racconta quindi a Violet di essersi sempre sentita come se due persone diverse vivessero in lei e di quanto si sentisse libera a potersi esprimere in entrambi i modi, confessando di essere rinata nel momento in cui è riuscita finalmente a dirlo ad alta voce.

Queste nuove sensazioni diedero alla coppia un’idea, che poi è alla base del momento più importante di Orlando, ma al contrario: Vita inizia a vestirsi da uomo sempre più di frequente per poter stare con Violet alla luce del sole. Ma non è solo questo il motivo per cui Vita inizia questa nuova fase della sua vita. Nei suoi racconti dice di sentirsi più libera come uomo e durante questo periodo scrive, con l’aiuto di Violet, Challenge, un romanzo in cui un ragazzo, Julian si trova diviso tra l’amore per la sua isola (che voleva rappresentare Harold) e quello per una donna (Violet, ovviamente). Sente la nuova versione di sé stessa tanto sua da chiedere a Violet di chiamarla Julian e Vita stessa scrive un testamento come ad abbandonare per sempre quella versione di sé e diventare in tutto e per tutto finalmente Julian. Proprio per i noti riferimenti a persone reali e alla storia tra Vita e Violet, Challenge fu pubblicato solo negli Stati Uniti e dato alle stampe in Inghilterra solo negli anni ’70, dal figlio di Vita, Nigel, che difendeva il diritto della madre di amare chi voleva.

Dopo essere sparite in Francia per un periodo piuttosto lungo, però, la loro storia giunge al termine quando i due mariti si alleano per andarle a recuperare e porre fine alla loro relazione.

“Io e te, Vita, siamo nate 2000 anni troppo tardi o 2000 anni troppo presto.” Questo scriveva Violet Keppel a Vita anni prima. E sinceramente mi si spezza il cuore a pensare che nessuno si sarebbe mai aspettato un cambiamento così grande come quello che è avvenuto solo qualche decennio dopo. E forse la loro storia non sarebbe finita bene comunque, ma avrebbero di sicuro sofferto di meno.

Ma tornando a Vita. Pochi anni e qualche altra relazione dopo, nel 1922, Sackville-West finalmente incontra Virginia Woolf ad una festa in maschera. Immediatamente le due si sentono in sintonia. Vita è immensamente attratta dalla mente brillante di Virginia. Gli anni in cui le due sono state insieme sono stati i più produttivi dal punto di vista artistico di entrambe le carriere. Erano due menti che si stimolavano a vicenda e si amavano moltissimo. Addirittura, quando entrambe le donne erano ancora in vita e Vita ebbe modo di pubblicare i suoi libri attraverso la piccola casa editrice di Virginia, furono i libri di Vita ad avere più successo commerciale di quelli della Woolf. La sua prosa era divertente e brillante, ma, come dice Rebecca Dinerstein Knight in un articolo sul Paris Review “I posteri hanno deciso che ci saremmo dovuti ricordare di solo una scrittrice donna del prima metà del secolo con il nome che iniziava per V”.

Nel 1928 Virginia Woolf pubblica “Orlando”, definito poi dal figlio di Vita, Nigel, come “La più lunga e bella lettera d’amore nella storia della letteratura”. Anche all’epoca la storia fece successo perché tutti sapevano che Orlando era, in realtà Vita e della storia tra le due.

Vita Sackville-West due anni dopo esce con, The Edwardians (tradotto in italiano con La signora scostumata): un assoluto successo critico e commerciale e nonostante questo Vita era perfettamente consapevole della superiorità di Virginia come scrittrice.

Allo stesso tempo però, probabilmente a causa delle sue esperienze passate, Sackville-West confessa al marito diverse volte di essere abbastanza sicura che la Woolf non sarebbe stata in grado di resistere alla loro relazione. Aveva paura di distruggerla emotivamente e psicologicamente. Tuttavia, quando le due terminano la loro relazione dopo più di dieci anni, riescono a rimanere amiche.

Negli ultimi anni della sua vita, Sackville-West si trasferì con il marito a Sissinghurst nel Kent. Un castello con un immenso giardino progettato da Vita, che diventò la sua più grande passione. Per mantenere la sua famiglia e le loro proprietà, Vita inizia a scrivere di giardinaggio e di design ogni settimana per l’Observer. Nel 1948 diventerà una delle fondatrici del comitato che si occupa dei giardini nazionali per il National Trust, che è praticamente come il FAI in Italia. Ora la villa e i giardini sono visitabili quindi se capitate nel Kent, dovete assolutamente fare un salto e pensare a Vita.

Vi lascio con qualche parola tratta dagli scritti di Vita in cui riflette sulla lotta interiore con la sua sessualità. E forse rifletteremo su quanta strada ci fosse da fare, quanta ne è stata fatta e quanta, ancora dobbiamo farne.

La psicologia di persone come me sarà in futuro un argomento interessante. E credo che in molti capiranno che esistono molte più persone come me di quanto questo sistema pieno di ipocrisia voglia ammettere. Non sto dicendo che queste persone, che queste relazioni non saranno condannate come lo sono ora. Ma credo che la loro presenza incisiva, e lo spirito di onestà che si spera possa diffondersi con il progresso nel mondo, porterà ad una loro accettazione.

FONTI

What to Know About Virginia Woolf’s Love Affair With Vita Sackville-West

The Fabulous Forgotten Life of Vita Sackville-West – The Paris Review

The Breathtaking Love Letters of Violet Trefusis and Vita Sackville-West – The Marginalian

A Madder Caress, Vita Sackville-West and Violet Trefusis


Mitologia queer

di Federica Caslotti

Ormai quasi tutti conoscono il lato gay della cultura greca. Dalle liriche di Saffo alle fanfiction su Patroclo e Achille, che l’omosessualità nella Grecia classica fosse abbastanza diffusa non è un mistero, anche se bisognerebbe fare qualche precisazione: infatti l’omosessualità tra adulti, sebbene diffusa come nel resto in qualunque epoca, non era vista di buon occhio, e anzi era considerata sintomo di un’indole debole. Questo lo vediamo ad esempio nelle commedie di Aristofane, dove l’omosessualità è rappresentata con intento satirico e di scherno. Quella che era tollerata era in realtà la pederastia, inserita nel concetto di paideia, cioè l’educazione di un uomo maturo imposta a ragazzini dai 12 anni in su.

Invece una cosa che non tutti sanno è che nella mitologia classica si trovano moltissimi esempi di personaggi che, come Orlando, subiscono un cambiamento di sesso.

Penso che tutti conosciamo il significato della parola “ermafrodita” ma forse non tutti sanno da dove venga. Secondo la mitologia Ermafrodito era un bellissimo giovinetto, figlio degli dei Ermes e Afrodite. Secondo Ovidio, che racconta il mito nelle Metamorfosi, la ninfa Salmace si innamorò del ragazzo, e dopo essere stata respinta approfittò di un momento in cui lui stava facendo il bagno. Allora si gettò in acqua con lui, l’abbracciò e pregò gli dei di renderli inseparabili, e così i loro corpi si fusero in uno solo.

Un altro personaggio che molti conoscono è Tiresia, l’indovino cieco, ma non tutti sanno che anch’egli sperimentò un cambio di sesso proprio come il nostro eroe/eroina Orlando. Esistono varie versioni del mito di Tiresia, che narrano come abbia acquisito i suoi poteri e perso la vista, e in una di queste, riportata nella Biblioteca, opera tradizionalmente attribuita ad Apollodoro, si narra che Tiresia in gioventù si sia imbattuto in due serpenti che si stavano accoppiando e infastidito dalla vista abbia deciso di separarli, percuotendo o addirittura uccidendo la femmina con un bastone. In quello stesso istante si sarebbe tramutato in donna. Trascorse quindi molti anni in un corpo femminile, assaporando tutti i piaceri carnali, finché non si ritrovò di nuovo di fronte alla stessa scena di tanti anni prima, due serpenti che si accoppiavano. Anche in questo caso decise di separarli e, avendo colpito in questo caso prima il maschio, ritornò ad essere un uomo. Anni dopo Zeus ed Era si ritrovarono a discutere su chi tra l’uomo e la donna provasse più piacere durante l’amplesso, se la donna o l’uomo, e così decisero di interpellare Tiresia che aveva sperimentato il piacere in entrambe le forme. Tiresia rispose che senza dubbio è la donna a godere di più, perché per la donna esistono nove forme di piacere da sperimentare e per gli uomini solo uno. Era, infuriata perché l’uomo aveva rivelato un grande segreto, lo privò della vista per punirlo, ma per ricompensarlo Zeus gli fece il dono della preveggenza.

Nella mitologia troviamo anche diversi casi di travestitismo, sia imposti da altri come il giovane Achille, allevato come una ragazza per proteggerlo dal tragico destino di eroe destinato a morire giovane, ma anche volontari come il caso di Eracle, l’eroe maschile e mascolino per eccellenza che eppure non disdegna abiti femminili, come quando alla corte della regina Onfale, dalla quale ha anche diversi figli, cede la pelle del leone alla sua amante e indossa invece gli abiti di lei, pur restando sempre pronto alla battaglia. Il dio Dioniso è considerato un personaggio “fluido”, il cui culto è riservato in particolare alle donne, ed egli stesso nei primi anni della sua vita viene cresciuto come una bambina per proteggerlo dalla gelosia di Era. Viene quindi considerato una sorta di intermediario tra mascolinità e femminilità. Anche Atena sceglie di presentarsi con l’aspetto di Mente, amico di Odisseo, di fronte a Telemaco e Penelope, mentre Zeus usa addirittura la capacità di prendere l’aspetto del sesso opposto per assumere le sembianze della figlia Artemide e sedurre una delle sue cacciatrici, Callisto, che purtroppo in questo modo viene investita dalla rabbia della dea per aver infranto il voto di castità.

Il mito di Ceneo è secondo alcuni studiosi il più antico caso di mutamento di sesso documentato nella cultura occidentale. Nella mitologia Cenis era una giovane principessa, così bella che Poseidone si invaghì di lei. Qui le versioni divergono, perché se secondo alcuni Cenis divenne l’amante del dio, secondo altri la ragazza venne rapita e violentata. In entrambe le versioni, Poseidone promette alla ragazza che esaudirà qualsiasi suo desiderio, e Cenis esprime la volontà di essere tramutata in uomo. Così assume l’identità di Ceneo, e il dio aggiunse a questo dono quello dell’invulnerabilità.

Per concludere questa rassegna dedicata ai miti greci vorrei raccontare la mia storia preferita, quella di Ifi e Iante. Il mito è narrato da Ovidio, nelle Metamorfosi, e racconta di come il padre di Ifi, Ligdo, avesse imposto alla moglie Teletusa incinta di uccidere il bambino in caso alla nascita si fosse rivelato una femmina, poiché non disponevano dei mezzi per allevarla. Teletusa, disperata, invocò la protezione della dea Iside, che le apparve in sogno e le ordinò di non temere, ma semplicemente di nascondere il sesso del nascituro al marito. Così Ifi venne allevata come un ragazzo, e quando le fu promessa in sposa Iante tra le due nacque un amore sincero e reciproco. Ifi temeva che il suo segreto avrebbe potuto mandare a monte le nozze, così a sua volta pregò la dea, che esaudì le sue suppliche, tramutando il suo corpo in un corpo maschile.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...